Lu gir de lu Ncuume


Torniamo a parlare di itinerari e di percorsi nella nostra bella valle. Lo facciamo con un percorso panoramico ideale nei mesi meno caldi dell’anno quando ci si immerge nella fioritura dei campi o si può ammirare il cambio della livrea degli alberi.

I paesi di Forca di Valle e Cerchiara sono sormontati da un’ampia zona di pascoli addossati ai pendii sommitali del Montagnone. La zona è generalmente piuttosto ripida eccetto per la sommità di un grosso collinone erboso chiamato localmente “Lu Ncuume”, situato proprio dirimpetto al paretone del Corno Grande è uno dei più bei belvedere della valle.


Partenza e arrivo: Isola del Gran Sasso (400 m.).

Dislivello: 800 metri

Tempo di salita: 2,30 ore circa

Tempo di discesa: 1,30 ore circa

Difficoltà: E Itinerario che si sviluppa quasi completamente su strade sterrate.


I più pigri possono cominciare a camminare da Forca di Valle o da Cerchiara, ma io consiglio di partire da Isola, incamminarsi dal fondo della valle aiuta a percepire meglio i diversi aspetti di questo itinerario.

Dal centro storico di Isola del Gran Sasso ci si dirige verso l’ufficio postale e si risale la stradina alle sue spalle che ben presto si trasforma in una mulattiera lastricata di pietre. Il sentiero conduce in breve tempo sulla strada asfaltata che sale alla frazione di Cesa di Francia. Si prosegue sull’asfalto per qualche decina di metri fino a imboccare un’evidente carrareccia che scende sulla sinistra. La stradina sterrata si sviluppa fra campi coltivati arrivando ad un bivio nei pressi di una casa abitata solo nei mesi estivi, qui si svolta a destra in decisa salita su fondo pietroso raggiungendo in breve tempo i ruderi dell’antico convento di San Valentino.

Dai ruderi si continua sulla sterrata principale per un centinaio di metri circa fino ad incrociare sulla destra un sentiero segnato che si inoltra in mezzo alle querce. Un tratto di ripido sentiero conduce nei pressi dell’autostrada che si supera passando sotto ad essa per mezzo di un cunicolo lastricato in cemento. Si risale costeggiando sulla destra un campo coltivato per raggiungere una mulattiera a mezzacosta che si prende verso destra raggiungendo così le prime case di Forca di Valle.

Invece di percorrere la strada asfaltata che sale con ampi tornanti, si segue il ripido sentiero che risale fra le case del paese. Arrivati nella parte alta dell’abitato, a ridosso di un fontanile, c’è un bivio dove si svolta a sinistra e si prosegue seguendo i cartelli di legno del parco. Questo tratto è molto ripido, si passa accanto alla Fonte del Peschio, un grosso masso dal quale sgorga dell’acqua, e si arriva alla sella di Piana Lunga che si apre davanti ai pendii sommitali del Montagnone.

Dalla sella ci si dirige a sinistra su prati e in breve tempo si arriva in cima alla sommità di un grosso collinone erboso, Lu Ncuume appunto. Dopo una doverosa pausa per godere del magnifico panorama sul massiccio del Gran Sasso e su tutta la Valle Siciliana non resta che scendere seguendo senza via obbligata i prati che scendono verso Est. Man mano che ci si inoltra verso l’abitato di Cerchiara si nota la presenza di una esile traccia in mezzo all’erba che si fa sempre più evidente.

La traccia ad un certo punto interseca la strada sterrata che collega Cerchiara con la Fonte Chiavatteri, si prende quest’ultima verso sinistra e in breve si giunge in paese. Non rimane che scendere fra le case per andare a percorrere la carrareccia che porta ai ruderi di San Valentino e da qui di nuovo a Isola del Gran Sasso.



Itinerario da corsa 54674 - powered by Runmap

La Frana


Da un mese l'arteria di comunicazione più importante della nostra valle (autostrada a parte) è chiusa a causa di una frana. Un enorme smottamento ha determinato la chiusura della SP 491 fra Tossicia e Ornano Grande.
Sabato sono andato a dare un'occhiata, la situazione è impressionante, molto più di quello che possono documentare queste foto. Di fatto il terreno in zona Vallone è venuto via sia a monte che che a valle del manto stradale. Resiste un mini pezzo di carreggiata a ridosso di un muro di contenimento in cemento che onestamente non so bene su cosa poggi. Era sabato pomeriggio e non c'erano maestranze al lavoro (ammesso che ci sia effettivamente un cantiere aperto) c'era solo una ruspa parcheggiata.
Chi ha notizie sui tempi di risistemazione di questa strada può scriverli in un commento.

L'Aquila, today




Durante delle poche pause che abbiamo avuto a Sassa subito dopo l’ora del pranzo con Nino siamo entrati nel centro storico di L’Aquila. Per entrambi è stato un evento molto toccante. Nino ha un figlio che il 6 aprile alloggiava in un collegio situato in pieno centro storico e che scappando dal sisma ha lasciato tutto nella sua stanza, siamo quindi andati a cercare di recuperare le sue cose.



Entrare a piedi dal varco situato dinnanzi alla Fontana Luminosa significa varcare una soglia che ti porta in una nuova dimensione. Non ci sono passanti né automobili al di fuori dei vigili del fuoco e dei loro mezzi. Il silenzio è assoluto, si rimane talmente tramortiti dalla situazione che nessuno osa aprire bocca, non parlavano nemmeno i tre vigili che ci hanno scortato. La devastazione è totale, una situazione talmente estrema da risultare difficile una descrizione. La sensazione è che tutto ciò che è rimasto in qualche modo in piedi è talmente lesionato da richiedere l’abbattimento e la ricostruzione da zero. I vigili puntellano e verificano solo la pericolosità degli edifici affinché i mezzi possano transitare quantomeno sulle arterie viarie principali. Onestamente non so come si possa demolire un intero centro storico per ricostruirlo, ma così da profano questa mi è sembrata l’unica soluzione possibile.



Arriviamo in Via Camponeschi dove c’è la meta del nostro pellegrinaggio, il collegio dei gesuiti. Troviamo la porta storta, la chiave che ci hanno consegnato per entrare non apre perchè l’intelaiatura è stata forzata con un piede di porco, il corpo del reato è stato addirittura lasciato sul posto. I vigili non si perdono d’animo e decidono di entrare con una scala da una finestra aperta al primo piano. Una volta entrati tornano all’entrata principale e aprono usando il maniglione antipanico. Nino li segue fino alla stanza del figlio situata al terzo piano. Io rimango ad aspettare fuori, le crepe nell’androne del collegio sono impressionanti, meglio non rischiare. Faccio qualche foto e mi guardo attorno. Rimango particolarmente colpito da una lunga tettoia di cemento rimasta in bilico ad un’altezza di 20 metri dopo che si sono sbriciolati i pilastri che la tenevano sospesa su un balcone.



I vicoli adiacenti sono intasati di macerie, si tratta soprattutto di muri perimetrali crollati ma anche di pezzi di cornicioni, soglie di finestre di travertino cadute e spaccate. Tornando indietro i miei occhi notano altri particolari, il cartello di un chiosco di fiori cita beffardamente “Lunedì aperto”, pensare che la scossa si è verificata proprio all’alba di un lunedì. Impressionante lo spigolo del palazzo della provincia che si affaccia su Corso Vittorio Emanuele, ha una crepa talmente larga da chiedersi come faccia a rimanere in piedi così. Enormi cinghie bianche lo tengono imbrigliato al resto della struttura.


Tornati fuori nel mondo reale, alla piazza della Fontana Luminosa. Nino ed io ci guardiamo un attimo in faccia, non diciamo una parola, ognuno cerca lo sguardo dell’altro per convincersi di non essersi immaginato tutto.



Volontari a Sassa

Per sette giorni sono stato un volontario. Con altri sei Amici con la A maiuscola abbiamo dato una mano nel campo di Sassa scalo.
Ma andiamo con ordine. Dopo il terremoto del 6 aprile molte associazioni si sono mobilitate per inviare mezzi, merci e uomini a L’Aquila e nei vari paesi colpiti dal sisma. Anche il Club Alpino Italiano, di cui sono socio, si è mobilitato in tal senso. In particolare la delegazione abruzzese ha subito cominciato a acquisire i nominativi dei soci che volevano rendersi disponibili per un turno nei campi con gli sfollati. Così quando Corrado Colantoni, il nostro presidente di sezione, mi ha contattato per chiedermi se ero disponibile io, come tanti altri, non ci ho pensato su nemmeno un attimo e ho detto di si.
Il momento fatidico del mio arrivo a Sassa arriva il 28 aprile, in una delle tante giornata di pioggia che si sono susseguite dopo il terremoto. Il campo è situato a due passi dal torrente Raio su un grande prato, la pioggia e il continuo passare di mezzi hanno trasformato la stradina brecciata che entra nel campo in una palude fangosa. Le tende sono tante, qui dormono oltre 400 persone, c’è un grande tendone bianco dove si mangia a pranzo e cena e dove di giorno vengono tanti ragazzi per fare scuola.
Subito dietro al tendone mensa c’è una grande cucina da campo, con fornelli, marmitte, forni autoventilati, una grande tenda magazzino e una cella frigorifera. Noi non lo sappiamo ancora ma trascorreremo qui quasi tutte le nostre giornate. Quasi tutte perché inizialmente veniamo dislocati a gruppi di due in alcuni campi limitrofi a quello di Sassa scalo. Sono i campi delle sue frazioni, io e Luca veniamo diretti a Genzano di Sassa dove c’è un campo con 200 persone, Nino e Giusi vanno a Poggio Santa Maria mentre Massimo e sua moglie Ai sono destinati a Palombara.
Con Luca capiamo subito che l’attività nel campo di Genzano è molto ridotta, si tratta essenzialmente di andare a prelevare il pranzo e la cena alla grande mensa di Sassa Scalo, portarle su a Genzano e distribuirli ai residenti nel campo. Per due abituati a essere sempre in movimento come noi ci è sembra subito un po’ poco, così d’accordo con la gente del posto decidiamo di dare la nostra disponibilità per lavorare nella grande mensa del campo di Sassa. Luca è avvezzo a lavorare in cucina per via della sua attività di gestore di rifugio e io non mi spavento certo se devo pelare patate o lavare pentole.
Così già la mattina successiva cominciamo a lavorare alla mensa con un gruppo simpaticissimo dell’Associazione Nazionale Alpini di Trento e di Feltre. Il lavoro è tanto e non si sta mai fermi, dalle 7 del mattino alle 10 di sera c’è sempre qualcosa da fare, anche Massimo, Ai e Nino si uniscono presto a noi e dopo qualche giorno si aggiunge al gruppo anche Claudio. Credo che avremo sbucciato patate pari a metà della produzione della Conca del Fucino, pulito quantità di melanzane mai conosciute in vita mia e lavato peperoni, pomodori e insalata pari a quello che forse riusciremo a consumare in 10 vite.
Detto così però sembra quasi che ci siamo stancati e basta. Invece quando ripenso al lavoro a Sassa ricordo soprattutto i momenti spensierati, le battute e i momenti di intimità in ci si apriva a vicenda. Ho imparato a conoscere Massimo, Ai e Claudio persone speciali per la semplicità e la naturalezza con cui sanno aprirsi al prossimo. Nino, è stato una rivelazione, il più vecchio di noi si è dimostrato un giovincello per l’entusiasmo e la prontezza con cui ha reagito agli stimoli che la vita da campo ci trasmetteva continuamente. Giusi è stata un esempio di pazienza e di determinazione, ha gestito praticamente da sola per una settimana il campo di Poggio Santa Maria fra liti interne al paese, il freddo costante che attanagliava il campo e ponendo in essere tanti progetti di attività tematiche interne sia per i ragazzi che per gli adulti. Infine Luca con cui sono amico già da diverso tempo, questa esperienza ci ha legato ancora di più aprendoci ulteriormente l’uno verso l’altro.
Ma oltre agli aspetti personali, sono lieto di aver fatto questa esperienza perché ho finalmente capito cosa è la Protezione Civile, una grande organizzazione formata da persone che donano le loro capacità ed il loro tempo per fare qualcosa per gli altri. Un ambiente splendido in cui nessuno si schifa di fare le incombenze più umili e dove tutti possono sentirsi importanti. Non ci sono raccomandati né superiori, ognuno è pari all’altro e tutti sono infaticabilmente impegnati per uno scopo comune. Faccio solo un nome fra i tanti volontari che ho conosciuto, Felice Flati. E’ lui che ci ha coordinato e che ha fatto in modo che volontari del Club Alpino Italiano – Abruzzo potessero essere di aiuto qui a L’Aquila. Spero che ci chiami nuovamente.
Marco Flamminii Minuto

Sul sito della sottosezione del CAI di Pietracamela trovate questo racconto e quello di Luca. Chi volesse leggerlo basta che va a questo link
Di seguito trovate qualche foto delle giornate trascorse durante questa bellissima esperienza.

Come sempre, commentare non è vietato.
Ufficio postale al Campo di Pagliara


A cena nella tenda magazzino


La tendopoli del campo di Sassa scalo


Il campo di Colle di Sassa


Il campo di Poggio S. Maria


Cottura della Pecora alla callara


Il grande tendone del campo di Sassa scalo.
Qui oltre a mangiare si fa scuola, messa e si organizzano spettacoli


Gruppo di volontari della Protezione Civile


Piove sul bagnato

Di Castiglione della Valle e dei danni che questo magnifico centro storico ha subito col terremoto ho parlato tempo fa.
Adesso finalmente anche i media nazionali hanno cominciato a capire che il terremoto non si è fermato sulla cresta del Gran Sasso ma ha lasciato la sua scia di danni anche in questa porzione di Abruzzo finora dimenticata da tutti. Sono apparsi articoli su quotidiani e anche servizi televisivi sui network nazionali che hanno preso in esame quello che sta succedendo al di qua del Gran Sasso.
Io ci sono stato martedì 5 maggio. Il paese è attualmente isolato, ai danni del terremoto si sono aggiunti quelli di diverse frane che hanno colpito l'unica strada di accesso con le automobili. Particolarmente impressionante quella situata a qualche centinaio di metri dall'ingresso in paese che si è portata via quasi tutta la carreggiata.
Se lo Stato non dà una mano in casi come questi c'è da chiedersi cosa debba succedere per avere un aiuto.
Lascio la parola alle immagini, sono più eloquenti di qualsiasi descrizione.
I commenti non sono vietati.






Siamo tornati ma il nostro cuore è rimasto a Sassa


Come preannunciato nell’ultimo post, 7 soci (nella foto qui sopra manca una nostra esponente) della sezione di Isola del Gran Sasso e della sottosezione di Pietracamela del Club Alpino Italiano sono stati a lavorare per una settimana nel campo di Sassa scalo alle porte dell’Aquila.

Per i dettagli e un minimo di racconto dovete pazientare ancora un po’ (il tempo di mettere per iscritto milioni di sensazioni).