Per sette giorni sono stato un volontario. Con altri sei Amici con la A maiuscola abbiamo dato una mano nel campo di Sassa scalo.
Ma andiamo con ordine. Dopo il terremoto del 6 aprile molte associazioni si sono mobilitate per inviare mezzi, merci e uomini a L’Aquila e nei vari paesi colpiti dal sisma. Anche il Club Alpino Italiano, di cui sono socio, si è mobilitato in tal senso. In particolare la delegazione abruzzese ha subito cominciato a acquisire i nominativi dei soci che volevano rendersi disponibili per un turno nei campi con gli sfollati. Così quando Corrado Colantoni, il nostro presidente di sezione, mi ha contattato per chiedermi se ero disponibile io, come tanti altri, non ci ho pensato su nemmeno un attimo e ho detto di si.
Il momento fatidico del mio arrivo a Sassa arriva il 28 aprile, in una delle tante giornata di pioggia che si sono susseguite dopo il terremoto. Il campo è situato a due passi dal torrente Raio su un grande prato, la pioggia e il continuo passare di mezzi hanno trasformato la stradina brecciata che entra nel campo in una palude fangosa. Le tende sono tante, qui dormono oltre 400 persone, c’è un grande tendone bianco dove si mangia a pranzo e cena e dove di giorno vengono tanti ragazzi per fare scuola.
Subito dietro al tendone mensa c’è una grande cucina da campo, con fornelli, marmitte, forni autoventilati, una grande tenda magazzino e una cella frigorifera. Noi non lo sappiamo ancora ma trascorreremo qui quasi tutte le nostre giornate. Quasi tutte perché inizialmente veniamo dislocati a gruppi di due in alcuni campi limitrofi a quello di Sassa scalo. Sono i campi delle sue frazioni, io e Luca veniamo diretti a Genzano di Sassa dove c’è un campo con 200 persone, Nino e Giusi vanno a Poggio Santa Maria mentre Massimo e sua moglie Ai sono destinati a Palombara.
Con Luca capiamo subito che l’attività nel campo di Genzano è molto ridotta, si tratta essenzialmente di andare a prelevare il pranzo e la cena alla grande mensa di Sassa Scalo, portarle su a Genzano e distribuirli ai residenti nel campo. Per due abituati a essere sempre in movimento come noi ci è sembra subito un po’ poco, così d’accordo con la gente del posto decidiamo di dare la nostra disponibilità per lavorare nella grande mensa del campo di Sassa. Luca è avvezzo a lavorare in cucina per via della sua attività di gestore di rifugio e io non mi spavento certo se devo pelare patate o lavare pentole.
Così già la mattina successiva cominciamo a lavorare alla mensa con un gruppo simpaticissimo dell’Associazione Nazionale Alpini di Trento e di Feltre. Il lavoro è tanto e non si sta mai fermi, dalle 7 del mattino alle 10 di sera c’è sempre qualcosa da fare, anche Massimo, Ai e Nino si uniscono presto a noi e dopo qualche giorno si aggiunge al gruppo anche Claudio. Credo che avremo sbucciato patate pari a metà della produzione della Conca del Fucino, pulito quantità di melanzane mai conosciute in vita mia e lavato peperoni, pomodori e insalata pari a quello che forse riusciremo a consumare in 10 vite.
Detto così però sembra quasi che ci siamo stancati e basta. Invece quando ripenso al lavoro a Sassa ricordo soprattutto i momenti spensierati, le battute e i momenti di intimità in ci si apriva a vicenda. Ho imparato a conoscere Massimo, Ai e Claudio persone speciali per la semplicità e la naturalezza con cui sanno aprirsi al prossimo. Nino, è stato una rivelazione, il più vecchio di noi si è dimostrato un giovincello per l’entusiasmo e la prontezza con cui ha reagito agli stimoli che la vita da campo ci trasmetteva continuamente. Giusi è stata un esempio di pazienza e di determinazione, ha gestito praticamente da sola per una settimana il campo di Poggio Santa Maria fra liti interne al paese, il freddo costante che attanagliava il campo e ponendo in essere tanti progetti di attività tematiche interne sia per i ragazzi che per gli adulti. Infine Luca con cui sono amico già da diverso tempo, questa esperienza ci ha legato ancora di più aprendoci ulteriormente l’uno verso l’altro.
Ma oltre agli aspetti personali, sono lieto di aver fatto questa esperienza perché ho finalmente capito cosa è la Protezione Civile, una grande organizzazione formata da persone che donano le loro capacità ed il loro tempo per fare qualcosa per gli altri. Un ambiente splendido in cui nessuno si schifa di fare le incombenze più umili e dove tutti possono sentirsi importanti. Non ci sono raccomandati né superiori, ognuno è pari all’altro e tutti sono infaticabilmente impegnati per uno scopo comune. Faccio solo un nome fra i tanti volontari che ho conosciuto, Felice Flati. E’ lui che ci ha coordinato e che ha fatto in modo che volontari del Club Alpino Italiano – Abruzzo potessero essere di aiuto qui a L’Aquila. Spero che ci chiami nuovamente.
Ma andiamo con ordine. Dopo il terremoto del 6 aprile molte associazioni si sono mobilitate per inviare mezzi, merci e uomini a L’Aquila e nei vari paesi colpiti dal sisma. Anche il Club Alpino Italiano, di cui sono socio, si è mobilitato in tal senso. In particolare la delegazione abruzzese ha subito cominciato a acquisire i nominativi dei soci che volevano rendersi disponibili per un turno nei campi con gli sfollati. Così quando Corrado Colantoni, il nostro presidente di sezione, mi ha contattato per chiedermi se ero disponibile io, come tanti altri, non ci ho pensato su nemmeno un attimo e ho detto di si.
Il momento fatidico del mio arrivo a Sassa arriva il 28 aprile, in una delle tante giornata di pioggia che si sono susseguite dopo il terremoto. Il campo è situato a due passi dal torrente Raio su un grande prato, la pioggia e il continuo passare di mezzi hanno trasformato la stradina brecciata che entra nel campo in una palude fangosa. Le tende sono tante, qui dormono oltre 400 persone, c’è un grande tendone bianco dove si mangia a pranzo e cena e dove di giorno vengono tanti ragazzi per fare scuola.
Subito dietro al tendone mensa c’è una grande cucina da campo, con fornelli, marmitte, forni autoventilati, una grande tenda magazzino e una cella frigorifera. Noi non lo sappiamo ancora ma trascorreremo qui quasi tutte le nostre giornate. Quasi tutte perché inizialmente veniamo dislocati a gruppi di due in alcuni campi limitrofi a quello di Sassa scalo. Sono i campi delle sue frazioni, io e Luca veniamo diretti a Genzano di Sassa dove c’è un campo con 200 persone, Nino e Giusi vanno a Poggio Santa Maria mentre Massimo e sua moglie Ai sono destinati a Palombara.
Con Luca capiamo subito che l’attività nel campo di Genzano è molto ridotta, si tratta essenzialmente di andare a prelevare il pranzo e la cena alla grande mensa di Sassa Scalo, portarle su a Genzano e distribuirli ai residenti nel campo. Per due abituati a essere sempre in movimento come noi ci è sembra subito un po’ poco, così d’accordo con la gente del posto decidiamo di dare la nostra disponibilità per lavorare nella grande mensa del campo di Sassa. Luca è avvezzo a lavorare in cucina per via della sua attività di gestore di rifugio e io non mi spavento certo se devo pelare patate o lavare pentole.
Così già la mattina successiva cominciamo a lavorare alla mensa con un gruppo simpaticissimo dell’Associazione Nazionale Alpini di Trento e di Feltre. Il lavoro è tanto e non si sta mai fermi, dalle 7 del mattino alle 10 di sera c’è sempre qualcosa da fare, anche Massimo, Ai e Nino si uniscono presto a noi e dopo qualche giorno si aggiunge al gruppo anche Claudio. Credo che avremo sbucciato patate pari a metà della produzione della Conca del Fucino, pulito quantità di melanzane mai conosciute in vita mia e lavato peperoni, pomodori e insalata pari a quello che forse riusciremo a consumare in 10 vite.
Detto così però sembra quasi che ci siamo stancati e basta. Invece quando ripenso al lavoro a Sassa ricordo soprattutto i momenti spensierati, le battute e i momenti di intimità in ci si apriva a vicenda. Ho imparato a conoscere Massimo, Ai e Claudio persone speciali per la semplicità e la naturalezza con cui sanno aprirsi al prossimo. Nino, è stato una rivelazione, il più vecchio di noi si è dimostrato un giovincello per l’entusiasmo e la prontezza con cui ha reagito agli stimoli che la vita da campo ci trasmetteva continuamente. Giusi è stata un esempio di pazienza e di determinazione, ha gestito praticamente da sola per una settimana il campo di Poggio Santa Maria fra liti interne al paese, il freddo costante che attanagliava il campo e ponendo in essere tanti progetti di attività tematiche interne sia per i ragazzi che per gli adulti. Infine Luca con cui sono amico già da diverso tempo, questa esperienza ci ha legato ancora di più aprendoci ulteriormente l’uno verso l’altro.
Ma oltre agli aspetti personali, sono lieto di aver fatto questa esperienza perché ho finalmente capito cosa è la Protezione Civile, una grande organizzazione formata da persone che donano le loro capacità ed il loro tempo per fare qualcosa per gli altri. Un ambiente splendido in cui nessuno si schifa di fare le incombenze più umili e dove tutti possono sentirsi importanti. Non ci sono raccomandati né superiori, ognuno è pari all’altro e tutti sono infaticabilmente impegnati per uno scopo comune. Faccio solo un nome fra i tanti volontari che ho conosciuto, Felice Flati. E’ lui che ci ha coordinato e che ha fatto in modo che volontari del Club Alpino Italiano – Abruzzo potessero essere di aiuto qui a L’Aquila. Spero che ci chiami nuovamente.
Marco Flamminii Minuto
Sul sito della sottosezione del CAI di Pietracamela trovate questo racconto e quello di Luca. Chi volesse leggerlo basta che va a questo link
Di seguito trovate qualche foto delle giornate trascorse durante questa bellissima esperienza.
Come sempre, commentare non è vietato.
4 commenti:
Vi fa onore!
Pasquale
Ciao Pasq, meno male che ogni tanto passi tu e commenti ;-)
In realtà questa esperienza ci ha arricchito molto più di quello che abbiamo dato. E' un'esperienza che consiglio a tutti quelli che hanno voglia di fare qualcosa per la collettività.
Ciao Marco,
la lettura di questa tua esperienza mi ha commosso e mi fa riflettere.
Siete delle persone speciali e chi avete aiutato è fortunato, mi sento molto in colpa per non aver fatto nulla per questa disgrazia.
Probabilmente devo rivedere molto della mia vita e del mio lavoro, lavoro che assorbe troppo di più di quanto mi da.
Caro Manuel, si vive una volta sola e oltretutto dura pure poco.
Conosci la mia situazione a casa, in ufficio poi c'è una situazione a dir poco esplosiva, ma quando mi hanno chiesto se ero disponibile per un altro turno i primi di Luglio non ho esitato a dire di sì.
Poche volte nella vita ci viene dato il privilegio di poter essere così utili come in questo caso.
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