Itinerario dedicato agli amanti dell’esplorazione, tanto curiosi di scoprire posti nuovi quanto adattabili a percorrere terreni scoscesi privi di sentiero e dalla difficile decifrazione.
La cima di Colle Pelato rappresenta l’ultima elevazione significativa della lunga cresta che comincia sotto al Corno Piccolo nei pressi della Madonnina del Gran Sasso e che si sviluppa verso Nord. La zona sommitale è frequentata a volte dagli escursionisti che sfruttano la strada che dai Prati di Tivo sale alla Piana del Laghetto, invece sul versante che domina la Valle Siciliana si incontra solo qualche rara mucca al pascolo. I pendii su cui si svolge l’itinerario sono, infatti, gli unici a presentare fin dalla parte bassa ampie radure. Da queste ultime si godono scorci magnifici su tutto il versante settentrionale del massiccio.
Partenza e arrivo: Forca di Valle (800 m.).
Dislivello: 800 metri
Tempo di salita: 2,30 ore circa
Tempo di discesa: 1,30 ore circa
Difficoltà: EE Itinerario per esperti dotati di buon senso dell’orientamento. Lunghi tratti privi di segnaletica e di tracce significative.
Arrivati a Forca di Valle conviene parcheggiare comodamente l’automobile nei pressi della chiesa del paese, sullo spiazzo accanto al bar La Luna Nera (comodo punto di ristoro per quando si rientra dalla camminata). Si comincia a camminare in ripida salita fra le case davanti allo sguardo incuriosito degli abitanti.
Una bella fontana-abbeveratoio permette di fare rifornimento di acqua prima di uscire dal centro abitato. Qui si va a sinistra per prendere un viottolo che ben presto si trasforma in una ripida carrareccia ingombra di pietre. Si seguono le indicazioni per Pietracamela riportate dai cartelli di legno dell’ente parco. La faticosa carrareccia costeggia per un breve tratto un boschetto di querce per poi approdare ad una zona di campi terrazzati.
Questa zona fino a pochi decenni fa era dedicata alla produzione del grano, ne è testimonianza la rete di masserie che da Forca si dipanava fino ad Azzinano e Montorio al Vomano, oggi purtroppo in larga parte ridotte a dei cumuli di macerie. L’agricoltura intensiva che predilige luoghi più semplici per poter essere praticata ha relegato questi vecchi campi nel dimenticatoio. Sopravvivono solo come zona di pascolo per qualche piccolo gregge di pecore o per il taglio del fieno di qualche vecchio appassionato.
Salendo non si può fare a meno di notare ad un certo punto sulla sinistra della carreggiata un’enorme pietra sotto alla quale sgorga copiosa dell’acqua. E’ la fonte del Peschio, una delle tanti fonti di questa zona. Il carsismo che contraddistingue gli altipiani ed i pascoli sommitali del Gran Sasso, così avari di acqua di superficie, fa sì che l’acqua custodita nelle viscere della montagna fuoriesca nelle zone pedemontane che sono invece ricche di fonti.
Poco dopo la fonte si raggiunge l’intaglio erboso della cresta di Pianalunga. La zona conosciuta localmente anche come “lu Ncuume” è un fantastico belvedere verso il vicino paretone del Corno Grande.
A questo punto si abbandona il tracciato del sentiero che a semicerchio si dirige verso i pendii del Montagnone per salire con decisione a destra lungo una traccia che sale a zig zag in mezzo a ripidi prati. Il tracciato qui è abbastanza evidente, si seguono le tracce lasciate dai pochi dai trattori che salgono fino a quassù. Attorno ai 1.400 metri di quota la traccia compie una decisa curva a destra e poco dopo si inoltra nella fitta faggeta sottostante alla vetta di Colle Pelato.
Si continua a seguire la traccia all’interno del bosco fino a dove termina, ovvero dopo poche centinaia di metri. A questo punto per arrivare in cima si hanno due opzioni:
1) la più avventurosa consiste nel puntare direttamente verso la vetta. Ci si dirige verso Ovest superando alcune piccole radure dopo le quali il terreno si fa molto ripido. L’ultimo tratto è quasi verticale e occorre praticamente arrampicare sui prati. Aggrappandosi ai ciuffi di erba si raggiunge la cima.
2) La seconda opzione è meno avventurosa ma richiede un certo senso dell’orientamento all’interno del bosco privo di tracce. Dove la traccia termina si prosegue mantenendosi a mezzacosta in leggera salita nel bosco. Ci si dirige inizialmente grosso modo verso nord seguendo le tracce create dal passaggio degli animali fino ad aggirare lo sperone più settentrionale della cima di Colle Pelato. Cambiato versante la salita si fa meno ripida e si riesce a guadagnare più facilmente la sommità.
Dalla brutta croce in legno che da un anno a questa parte contraddistingue la vetta si può riscendere a valle percorrendo per un breve tratto il sentiero di cresta che si dirige verso Sud in direzione del Montagnone. Il sentiero scende per un primo tratto per poi risalire verso una zona recintata con del filo spinato. Il punto per riscendere verso la Valle Siciliana è l’unico in cui la cresta non incombe su salti di roccia (due cartelli di divieto di caccia inchiodati sullo stesso albero sono l’unico elemento visibile che ho riscontrato).
Si scende seguendo il ripido pendio erboso sottostante che scende verso l’evidente zona di Pianalunga. In breve ci si ricongiunge alla carrareccia percorsa all’andata e si rientra in paese.
La cima di Colle Pelato rappresenta l’ultima elevazione significativa della lunga cresta che comincia sotto al Corno Piccolo nei pressi della Madonnina del Gran Sasso e che si sviluppa verso Nord. La zona sommitale è frequentata a volte dagli escursionisti che sfruttano la strada che dai Prati di Tivo sale alla Piana del Laghetto, invece sul versante che domina la Valle Siciliana si incontra solo qualche rara mucca al pascolo. I pendii su cui si svolge l’itinerario sono, infatti, gli unici a presentare fin dalla parte bassa ampie radure. Da queste ultime si godono scorci magnifici su tutto il versante settentrionale del massiccio.
Partenza e arrivo: Forca di Valle (800 m.).
Dislivello: 800 metri
Tempo di salita: 2,30 ore circa
Tempo di discesa: 1,30 ore circa
Difficoltà: EE Itinerario per esperti dotati di buon senso dell’orientamento. Lunghi tratti privi di segnaletica e di tracce significative.
Arrivati a Forca di Valle conviene parcheggiare comodamente l’automobile nei pressi della chiesa del paese, sullo spiazzo accanto al bar La Luna Nera (comodo punto di ristoro per quando si rientra dalla camminata). Si comincia a camminare in ripida salita fra le case davanti allo sguardo incuriosito degli abitanti.
Una bella fontana-abbeveratoio permette di fare rifornimento di acqua prima di uscire dal centro abitato. Qui si va a sinistra per prendere un viottolo che ben presto si trasforma in una ripida carrareccia ingombra di pietre. Si seguono le indicazioni per Pietracamela riportate dai cartelli di legno dell’ente parco. La faticosa carrareccia costeggia per un breve tratto un boschetto di querce per poi approdare ad una zona di campi terrazzati.
Questa zona fino a pochi decenni fa era dedicata alla produzione del grano, ne è testimonianza la rete di masserie che da Forca si dipanava fino ad Azzinano e Montorio al Vomano, oggi purtroppo in larga parte ridotte a dei cumuli di macerie. L’agricoltura intensiva che predilige luoghi più semplici per poter essere praticata ha relegato questi vecchi campi nel dimenticatoio. Sopravvivono solo come zona di pascolo per qualche piccolo gregge di pecore o per il taglio del fieno di qualche vecchio appassionato.
Salendo non si può fare a meno di notare ad un certo punto sulla sinistra della carreggiata un’enorme pietra sotto alla quale sgorga copiosa dell’acqua. E’ la fonte del Peschio, una delle tanti fonti di questa zona. Il carsismo che contraddistingue gli altipiani ed i pascoli sommitali del Gran Sasso, così avari di acqua di superficie, fa sì che l’acqua custodita nelle viscere della montagna fuoriesca nelle zone pedemontane che sono invece ricche di fonti.
Poco dopo la fonte si raggiunge l’intaglio erboso della cresta di Pianalunga. La zona conosciuta localmente anche come “lu Ncuume” è un fantastico belvedere verso il vicino paretone del Corno Grande.
A questo punto si abbandona il tracciato del sentiero che a semicerchio si dirige verso i pendii del Montagnone per salire con decisione a destra lungo una traccia che sale a zig zag in mezzo a ripidi prati. Il tracciato qui è abbastanza evidente, si seguono le tracce lasciate dai pochi dai trattori che salgono fino a quassù. Attorno ai 1.400 metri di quota la traccia compie una decisa curva a destra e poco dopo si inoltra nella fitta faggeta sottostante alla vetta di Colle Pelato.
Si continua a seguire la traccia all’interno del bosco fino a dove termina, ovvero dopo poche centinaia di metri. A questo punto per arrivare in cima si hanno due opzioni:
1) la più avventurosa consiste nel puntare direttamente verso la vetta. Ci si dirige verso Ovest superando alcune piccole radure dopo le quali il terreno si fa molto ripido. L’ultimo tratto è quasi verticale e occorre praticamente arrampicare sui prati. Aggrappandosi ai ciuffi di erba si raggiunge la cima.
2) La seconda opzione è meno avventurosa ma richiede un certo senso dell’orientamento all’interno del bosco privo di tracce. Dove la traccia termina si prosegue mantenendosi a mezzacosta in leggera salita nel bosco. Ci si dirige inizialmente grosso modo verso nord seguendo le tracce create dal passaggio degli animali fino ad aggirare lo sperone più settentrionale della cima di Colle Pelato. Cambiato versante la salita si fa meno ripida e si riesce a guadagnare più facilmente la sommità.
Dalla brutta croce in legno che da un anno a questa parte contraddistingue la vetta si può riscendere a valle percorrendo per un breve tratto il sentiero di cresta che si dirige verso Sud in direzione del Montagnone. Il sentiero scende per un primo tratto per poi risalire verso una zona recintata con del filo spinato. Il punto per riscendere verso la Valle Siciliana è l’unico in cui la cresta non incombe su salti di roccia (due cartelli di divieto di caccia inchiodati sullo stesso albero sono l’unico elemento visibile che ho riscontrato).
Si scende seguendo il ripido pendio erboso sottostante che scende verso l’evidente zona di Pianalunga. In breve ci si ricongiunge alla carrareccia percorsa all’andata e si rientra in paese.
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