La settimana scorsa insieme ai miei colleghi di Kataweb e a quelli di mia moglie di Risorse per Roma (società municipalizzata del comune di Roma) abbiamo effettuato un nuovo raccolto di materiale per gli sfollati del terremoto. Tutta roba richiestaci direttamente dalla tendopoli di Coppito (una collega di mia moglie è di lì) e che abbiamo portato direttamente al campo sabato mattina.
E’ la terza volta che torno in Abruzzo da quando c’è stata la scossa grossa del 6 aprile. Percorrendo la A24, superato il tunnel di San Rocco e il casello di Tornimparte, si comincia a scendere verso la Valle dell’Aterno. La prima cosa che si nota dall’alto dei cavalcavia autostradali è che il paesaggio si è arricchito della presenza di un nuovo colore che fino a due settimane fa non esisteva, è il blu cobalto delle tende. Ci sono macchie blu più o meno grosse un po’ ovunque, nelle periferie dei paesi o al loro interno, a volte anche nei giardini più grossi vicino alle case.
Nei pressi dell’uscita di L’Aquila Ovest l’autostrada fa una grossa curva verso sinistra e passa vicino alla zona industriale. Il grande parcheggio nei pressi del centro commerciale dove c’è il CONAD ora è diventato una enorme tendopoli, ma da qui in poi le tende sono praticamente ovunque e le case che sono rimaste in piedi sono tutte chiuse, con le tapparelle quasi sempre abbassate.
Al casello nonostante sia ancora presto c’è già un po’ di fila, sono tutti in fila per pagare il pedaggio, colonne della protezione civile comprese. Gli sfollati che vogliono approfittare del pedaggio gratuito concesso per loro dalla Strada dei Parchi devono riempire un lungo modulo di autocertificazione, quasi tutti rinunciano per dignità e per evitare che gli altri rimangano imbottigliati in un gigantesco ingorgo.
Per andare alla tendopoli eretta nel campo sportivo di Coppito transitiamo per la periferia del capoluogo abruzzese, quasi tutti gli edifici sono spanciati con enormi crepe, sembra che siano stati gonfiati all’inverosimile fino a far cedere le strutture portanti. Ho la macchina fotografica ma non riesco nemmeno a pensare di usarla, mi sembrerebbe di profanare qualcosa che è già stato oggetto di abbondante sciacallaggio mediatico.
Arriviamo al campo e ci viene incontro Fiore, un bel ragazzo lucano che vive da anni qui a Coppito, è un militare di stanza a L’Aquila e si occupa dell’organizzazione della tendopoli. Ci racconta molte cose, la più impressionante è che sono senza luce, l’hanno richiesta ben dieci giorni fa ma ancora non arriva. Sono riusciti a fare illuminare la mensa con un filo elettrico di fortuna collegato al bar del campo da calcio. Le tende non sono riscaldate, ci vivono in 500 persone e la notte fa davvero freddo. Arriva uno scout, ci saluta calorosamente e Fiore ci racconta come si sia ricreduto molto sul loro conto, “ci stanno aiutando tantissimo”. Ma in generale in tutto il campo aleggia un’atmosfera molto collaborativa, ogni volontario al campo ha un compito e lo svolge con grande entusiasmo.
Scarichiamo le nostre vetture, il materiale che abbiamo portato viene immediatamente catalogato e sistemato nei container di stoccaggio. Mentre lo facciamo si palesano dal nulla decine di persone che chiedono con grande discrezione se per caso fosse arrivato il lenzuolo singolo o il pile che avevano chiesto qualche giorno fa. C’è anche una voce che chiede “che per caso sono arrivate le scarpe?”
Questa delle scarpe è una cosa che mi aveva lasciato basito quando è arrivata la lista delle cose richieste al campo. Avevo anche chiamato per farmela confermare, non riuscivo a credere che a due settimane dall’evento del 6 aprile ci fossero ancora persone senza scarpe. Eppure…
Usciti dal campo, proseguendo verso il mio paese ed i terremotati del teramano dimenticati da tutto e tutti pensavo alle menzogne diffuse a piene mani dai giornalisti sui principali media nazionali. A quanto fosse diversa la realtà vista con i miei occhi rispetto a quello che i miei colleghi presentano sui media nazionali. Chiunque entra anche solo per mezz’ora in una tendopoli si accorge subito di come tutto sia precario e legato all’iniziativa dei singoli. Ma nessun giornalista avrà mai il coraggio di affermarlo, nessuno verrà mai a fare domande scomode, chi osa fare luce sia pure in minima parte sulle vicende dei terremotati è oggetto di censura immediata e feroce e rischia l’isolamento umano e professionale da parte dei suoi colleghi. Gli stessi che preferiscono fare da megafono alle affermazioni di alte cariche dello Stato sulle inchieste della magistratura “Per favore non perdiamo tempo, cerchiamo di impiegarlo sulla ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono accadute”.
Provate a dirlo in faccia a chi ha perso la propria famiglia e la propria casa. Fatelo se avete coraggio.
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